MOSTRA AL CASTELLO DI RIVOLI
 
 
NAN GOLDIN
Il giardino del diavolo


Nan Goldin, seppure famosa e celebratissima, sia negli Stati Uniti dov’è nata che in Europa, è fotografa atipica e originalissima per concezione e pratica artistica.
L’artista americana pare intenta a redigere la propria autobiografia e lo fa in maniera schietta e onesta, spesso disincantata. Come nella migliore tradizione letteraria, ella non nasconde nulla, anzi, entra nei minimi particolari della propria esistenza, solo che lo fa con immagini fotografiche. Per questo motivo, molte delle situazioni ritratte sono di forte impatto, fino a dare una sensazione di crudezza. Nonostante ciò, le quasi trecento cinquanta fotografie della grande retrospettiva allestita al Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, sono totalmente al di fuori dei canoni della spettacolarizzazione tipica delle immagini usate ai giorni nostri, sia nella pubblicità che nel reportage, tanto da esserne praticamente l’antitesi. Esse infatti ritraggono scene di vita quotidiana degli amici di sempre, da soli o in coppia, a partire dai primi anni settanta, periodo in cui l’artista vive a Boston, dividendo un appartamento con due travestiti e frequenta locali di quella città come “The Other Side”, luogo di ritrovo di drag queen.
Come presa dal timore di smarrire il ricordo del momento, i sentimenti e le emozioni che lo caratterizzano, la Goldin fotografa gli amici mentre si travestono o si truccano davanti allo specchio, le amiche sotto la doccia o nella vasca da bagno, mentre fanno l’amore, si masturbano, si fanno carezze, ridono, piangono, si disperano. Con circa settecento di queste diapositive, nel 1979 la Goldin inizia a presentare il suo lavoro al Mudd Club di New York, accompagnando la proiezione - The Ballad of Sexual Dependenxy, da una canzone dell’Opera da tre soldi di Brecht-Weill - con una colonna sonora che spazia dal punk all’opera. Alle immagini di vita domestica, come è possibile vedere a Rivoli nella proiezione video del filmato, la Goldin alterna scene di vita da strada di prostitute e tossicomani. Questo lavoro premiatissimo ne decreterà il successo internazionale e l’inizio di una sorta di emulazione del suo stile fotografico.
Nel suo girovagare tra New York e Berlino, Bankok, Tokio o Napoli, l’artista continua a ritrarre gli amici mentre sfilano al Gay Pride, nell’intimità domestica o nei locali che frequentato. Nell’arco di alcuni decenni molte delle persone fotografate tornano ciclicamente ad apparire nelle sue immagini. Esse fanno parte della sua “grande famiglia allargata”, come ama affermare e spesso ne documenta la malattia e la morte, testimone della devastante irruzione dell’ AIDS nella vita delle comunità da lei frequentate.
Visionare questa mostra può scandalizzare, com’è successo, alcuni sostenitori della “onesta moralità”, a loro dire, totalmente assente dalle immagini proposte. Nel parere dei cosiddetti benpensanti (vedi la recensione di Paolo Levi, celeberrimo critico torinese, sulle pagine degli eventi culturali cittadini de La Repubblica del 24 Ottobre 2002), la Goldin viene ridotta a una guardona che usa l'obiettivo in maniera acritica, con l’unica intenzione di mostrare falli e coiti, drogati puttane e travestiti all’opera. In realtà l’artista americana narra la condizione di una parte dell’umanità, marginale forse, ma esistente, con tutto il suo bagaglio di dolore, il suo desiderio di esistere, la necessità di poter morire dignitosamente e lo fa senza filtri di alcun genere, riuscendo a coinvolgere e scuotere lo spettatore, col suo effetto di crudo realismo.
Va detto inoltre, che le fotografie presentate mostrano anche una bellezza determinata dalla sapiente scelta dei piani prospettici delle immagini o da una composizione cromatica che incredibilmente, in alcuni casi ha qualcosa di caravaggesco. Vedere per credere.


THOMAS DEMAND
L’immagine e il suo doppio

Al secondo piano del Castello è possibile visitare le opere di Thomas Demand, artista tedesco operante a Berlino. Nato come scultore, Demand avvicina l’immagine fotografica quale mezzo per documentare il proprio operato. L’incontro tra le due forme artistiche lo porta a creare immagini sempre in bilico tra reale e fittizio. Le grandi foto ritraggono infatti alcuni ambienti - lo spogliatoio di una scuola, la scrivania di un ufficio - plasmati nel cartone e dissimili dal vero unicamente per la evidente mancanza di qualsiasi traccia di usura al loro interno. Una sorta di mondo perfetto, che durerà per il tempo necessario ad essere fotografato, quindi verrà abbandonato al suo naturale deterioramento. Nella cappella barocca situata sempre al secondo piano del castello, viene presentato Recorder, un nuovo film dello stesso artista.
 

Mostra visitata il 22 Ottobre 2002

Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
P.zza Mafalda di Savoia - Rivoli (TO)
23 Ottobre 2002 - 12 Gennaio 2003
Info: Tel. 011.95.65.220
www.castellodirivoli.org  
E-mail: info@castelodirivoli.org

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