Galleria D'Amelio
ex Galleria Mediterranea

Via D'amelio 30 - Palermo
 
I TURBOLENTI ANNI DEL SEPARATISMO SICILIANO NELLE STORICHE FOTO DI NICOLA SCAFIDI

 
Saper intercettare con uno scatto tempestivo la precisa intersezione fra la cronaca e la storia. E’ questo ciò che contraddistingue inoppugnabilmente un gran fotoreporter.
E Nicola Scafidi è stato senza dubbio un gran fotoreporter. Uno dei principali testimoni delle vicende politiche, di cronaca nera, di costume e di spettacolo accadute in Sicilia fra gli anni ’40 e ’70 del secolo XX.
Basta guardare la paradigmatica foto del cadavere del bandito Giuliano riverso sulla spianata del cortile de Maria a Castelvetrano – autentico ed esemplare "scoop" giornalistico per immagini, poi diventato icona di riferimento per Francesco Rosi, per il suo indimenticabile film Salvatore Giuliano – per percepire a pieno il non comune fiuto del bravo reporter di cui Scafidi era dotato, per constatare la sua impareggiabile capacità di farsi trovare al posto giusto al momento giusto, cogliendo ogni sfumatura dello hic et nunc nel preciso momento del suo divenire e concretarsi.
Col suo obiettivo Scafidi infatti scruta dando sempre priorità alla rilevanza della notizia, privilegiando l’aspetto della comunicazione come previsto dal dettato giornalistico.

Similmente all’operato del monumentale Robert Capa – che non a caso, nell’estremo tentativo di intercettare l’immagine fuggente, rischiò anche di morire durante lo sbarco in Normandia e poi saltò in aria su una mina in Indocina –, Scafidi cerca sempre l’inquadratura possibile e più chiara, optando per l’assoluta comprensione e la piena leggibilità senza mai eccedere in ricercatezze estetizzanti (pur con un occhio all’armonia della composizione) e soprattutto senza mai indulgere ad edulcorazioni narrative o a censure visuali. La sua è una fotografia dichiaratamente politica – nell’accezione più alta e non engagé del termine, nonostante lalunga militanza in un quotidiano di chiara opposizione a certi "assetti di potere locale" quale è stato L’ORA – nella misura in cui fare politica – per un fotoreporter – significa primariamente restituire all’osservatore la vera essenza dei fatti immortalati, consentendogli di maturare in piena autonomia un proprio punto di vista in assenza di artificiosi condizionamenti o precostituite parzialità.
Quando Scafidi fotografa il generale Patton a Palermo, inquadra a perfezione lo "stato delle cose", ovvero il peso del controllo esercitato dai "liberatori americani" sulle nascenti dinamiche della vita politica insulare; e parimenti, quando fissa su pellicola la folla oceanica all’arrivo di Finocchiaro Aprile (leader del movimento indipendentista siciliano) all’aeroporto di Boccadifalco nel 1944, egli rende congruamente lo "spirito del tempo", cioè quella inclinazione demagogica a far leva sui bisogni e sulle attese della massa per scopi meramente utilitaristici (di sostanziale conservazione di consolidati meccanismi di potere) che da sempre – ad onta d’ogni programmatica volontà di "cambiamento" e "innovazione" – contraddistingue l’agire delle élites isolane.

E non è un caso che questa mostra si concentri proprio su quei convulsi eventi degli apparentemente lontani anni ’40 del secolo trascorso; non è un caso poiché – mutatis mutandis – l’idea di "gestione del potere" e – in definitiva – il modo di fare politica delle classi dirigenti di allora appare non dissimile da quello delle attuali. Sfruttare – come detto – i bisogni della gente, alimentare grandi aspettative, manipolare con la propaganda, incutere timori (si pensi alla deriva armata dell’E.V.I.S., il cosiddetto esercito indipendentista, e alle gesta criminali e terroristiche della banda del già citato Salvatore Giuliano), orientare quindi verso la conservazione (che in Sicilia si traduce nella preservazione dei rapporti "strutturali" fra governanti e mafia) è quanto è accaduto in quegli anni torbidi e violenti, in quel "laboratorio siciliano" che ha ribadito un modus operandi – quello di un notabilato camaleontico e immarcescibile, aggrappato con ogni mezzo alle leve del potere – destinato ad irradiarsi dalla nostra disgraziata isola a tutto il territorio nazionale.
A tutto ciò – seppur in controluce e filigrana – fanno riferimento le foto scattate da Scafidi in quel caotico periodo; foto che ci consegnano una testimonianza, un fedele documento, in grado di indurre profonde riflessioni oggi come allora, e la cui inconsunta validità sta proprio nell’intonsa capacità di analisi (e smascheramento) delle dinamiche – spesso oscure e perverse – con cui il potere è fattivamente gestito dietro l’artata parvenza della democrazia.
La mostra INDIPENDENZA DELLA SICILIA 1943-1950, organizzata da Angela Scafidi e curata da Giacomo Maltese, sarà visibile negli spazi di via D’Amelio 30 (ex galleria Mediterranea) fino al 16 maggio, dal lunedì al venerdì, dalle 17 alle 20.

 

 
 
Salvo Ferlito - maggio 2025