Cantieri Culturali alla Zisa
Via Paolo Gili, 4 - Palermo

 

 
Il Maestro di Pianoforte
Spettacolo teatrale
Edoardo Lorillot è un giovane francese di provincia che ha solo un sogno: conquistare il bel mondo parigino. Per riuscirci si mette in testa di fare colpo su di una famosa cocotte, ma inavvertitamente sbaglia appartamento e si ritrova a casa di una giovane ragazza, Lucilla, che attende trepidante il nuovo maestro di pianoforte, di recente assunto dalla madre. E mentre Edoardo scambia Lucilla per l’attricetta di teatro da lui desiderata, la ragazza, a sua volta, lo scambia per l’insegnante.
È questa la trama de “Il Maestro di Pianoforte”, pièce teatrale liberamente ispirata ad Amour et piano di Georges Faydeau, che domenica 10 maggio è stata sapientemente messa in scena dalla compagnia “Fiori di Carta” presso i Cantieri Culturali della Zisa.
La compagnia “Fiori di Carta”, composta da Clelia Cucco, ideatrice e regista dello spettacolo, Giuseppe Montaperto e Gabriella di Napoli, artista di strada di recente unitasi al gruppo, ha saputo realizzare un pezzo teatrale fresco e vivace che ha permesso agli spettatori di godersi una domenica pomeriggio alternativa, tra risate svagate e genuine, di quelle che fanno bene al cuore. Il pubblico, infatti, è rimasto con gli occhi incollati sul palco dal primo fino all’ultimo momento e c’è stato anche chi ha voluto immortalare con le macchine fotografiche la brillante recitazione degli artisti che sono riusciti a riproporre perfettamente sulla scena i dialoghi sconnessi e gli ironici fraintendimenti caratteristici dell’opera umoristica, elegante e mai sboccata di Faydeau.
Leggera e spensierata è apparsa la Lucilla interpretata da una luminosa e quanto mai raggiante Clelia Cucco, che ha saputo dare freschezza al personaggio della giovane pianista, ora curiosa del mondo attorno a lei e quindi a tratti sfacciata, ora, invece, ingenua e impaurita come tutte le fanciulle. A farle da contraltare l’ottimismo e l’euforia del galante Edoardo, impersonato da un frizzante Giuseppe Montaperto che è riuscito ad interpretare lo spiritoso e intraprendente (ma anche un po’ cascamorto!) ragazzo di provincia che aspira a diventare un vero e proprio viveur.
Ma se il botta e risposta imbastito dai due attori risulta effervescente e quanto mai coinvolgente, esilaranti sono le battute del personaggio di Clemenza, la buffa e goffa cameriera interpretata da una smaliziata e disinvolta Gabriella di Napoli, per la quale il ruolo di Clemenza sembra essere stato cucito su misura. L’attrice è riuscita infatti a portare sulla scena la figura della cameriera pasticciona, ma al tempo stesso furba e avida di denaro, quasi facendo propri quegli elementi caratteristici del servus callidus plautino: è lei che gli spettatori sembrano attendere con impazienza sul palco.
Insomma, a voler tirare le fila di questo spettacolo, “Il Maestro di Pianoforte” si è dimostrato un pezzo teatrale davvero riuscito e piacevole. I personaggi hanno preso vita sulla scena tramite quello che la stessa regista ha definito un “parto assistito”. Così facendo, gli attori sono riusciti ad esternare quel guizzo vitale che soltanto i bravi artisti sono in grado di trasmettere al pubblico, ponendosi come fine ultimo l’obiettivo di far nascere un sorriso sul volto dello spettatore, obiettivo che, come ho avuto modo di osservare, domenica è stato pienamente raggiunto.
 
Claudia Argento
 
 
 
2013
 
AZIZA, LA GRANDE COLLETTIVA ALLESTITA ALLO SPAZIO ZAC, SIMBOLO DELLAGOGNATA RINASCITA DEI CANTIERI CULTURALI
 

 
Fantasia, gestualità, impellenza espressiva, meticolosità progettuale: sono questi i caratteri salienti alla base dellideare ed agire artistici dei partecipanti ad Aziza, la grande collettiva visibile (fino al 17 novembre) allo spazio Zac dei Cantieri Culturali alla Zisa. Unampia e articolata miscellanea di linguaggi, tecniche e stilemi, che si rivela di notevole interesse proprio perché in grado di offrire non pochi spunti di riflessione sullo stato delle arti visuali nella nostra isola e più in generale perché capace di fungere da valido osservatorio sulle tendenze in atto nellarticolato panorama della contemporaneità.
Figurazione classica e derive astrattiste, suggestioni graffitistiche da street art e impianti compositivi meno convulsi, gusto per la contaminazione e più rigorosa sobrietà si alternano e susseguono nelle molteplici opere in esposizione, dando la misura chiara e intellegibile della multivettorialità di cui è preda tanto nel bene quanto nel male la produzione artistica più attuale. Non importa, infatti, che si registrino variazioni di qualità (anche notevoli) nelle numerose opere in esposizione; non importa, in quanto questo è un dato riscontrabile in ogni grande mostra collettiva (ed anche in tanti allestimenti museali darte contemporanea), costituendone in definitiva un aspetto del tutto abituale e quasi fisiologico. Quel che conta, piuttosto, è la capacità di rappresentare appieno lo spirito del tempo, di farsi portavoce delle aspettative, delle istanze, dei timori e delle ubbie albergati nel corpo sociale, di veicolare al contempo segni patognomonici e sintomi conclamati di uno stato generale di tensione e di disagio, di esercitare in parole povere quel ruolo di medium analitico e predittivo, di efficace e impareggiabile scandaglio, che è (o quanto meno dovrebbe essere) il connotato prioritario e distintivo di ogni variegato ensemble di opere darte. In tal senso Aziza coglie bene nel segno; e ciò che più convince è che lo fa senza ricorrere a stars o a protagonisti di particolare rinomanza,
ma facendo leva su una nutrita pattuglia di giovani artisti siciliani (i più anziani sono quarantenni), a dimostrazione di come una mostra di arti visive possa essere di valido interesse anche in assenza di vedettes e in un regime di costi morigerato e contenuto. A tal proposito va detto che il titolo prescelto appare del tutto congruo ed azzeccato; e questo non solo per la contiguità con lo splendido solatio regio della Zisa, ma in special modo per quellidea (tutta insulare) dello azizare (termine vernacolare derivante propriamente dallarabo aziz, che non per nulla vuol dire splendido, nobile), cioè dellaggiustare e delladattare al meglio (rendendo esteticamente apprezzabile quanto per sua natura non lo è), cui è improntata lidea guida sottesa allintera esposizione (e storicamente allarte darrangiarsi di tanti siciliani). Non è un caso, quindi, che molte delle installazioni presenti nellallestimento contengano e inglobino frammenti e pezzi di risulta provenienti dallo stato di abbandono e di disfacimento cui i vari spazi dellintera area erano andati incontro irreversibilmente (e colpevolmente) nel corso dei decenni; e ciò come a voler configurare simbolicamente per via immaginifica quella volontà di recupero pieno e di ritorno a un pertinente uso e ad una mirata fruizione dellintero complesso dei Cantieri che è (ed era già in passato) uno degli obiettivi dichiarati della giunta Orlando. Tuttavia questi apprezzabilissimi intenti dovrebbero essere perseguiti cercando di evitare di cadere (e ricadere) in stucchevoli e improduttivi elitarismi. Immaginare, infatti, di trasformare questa grande area della città in una sorta di sacrario culturale, in un insieme di templi e tempietti delle arti visuali contemporanee (da affidare ad una ristretta cerchia di vestali e ierofanti di sicura e provata fedeltà), senza prendere in considerazione la necessità di inserire dei luoghi di aggregazione dedicati al tempo libero ed anche al divertimento (un po sul modello del Gay Pride), significherebbe soltanto realizzare lennesima (e inutile) cattedrale nel deserto, aperta ai pochi e abituali frequentatori delle mostre (e delle manifestazioni culturali), ma del tutto staccata dal tessuto sociale cittadino e scarsamente produttiva dal punto di vista culturale (e in fondo anche economico). Un errore cui facilmente si potrebbe incorrere se si pensasse unicamente al giudizio di certa stampa solidale o allattenzione suscitata in quella estera (lusinghe, sia consentito dirlo, cui il nostro sindaco è facilmente soggetto) e se si affidasse per così dire chiavi in mano la gestione dellintero complesso alla solita lobby (fare lobby è lespressione, absit iniura verbis, usata in passato dallo stesso Orlando, in presenza di non pochi astanti, per spiegare la capacità di alcuni operatori culturali di porsi in evidenza ai suoi occhi) e non si compendiasse la possibilità di allargare lutilizzo ai tanti validi operatori artisti, critici, organizzatori vari che non appartengono (né vogliono appartenere) ad alcuna cerchia elitaria, ma che da anni (spesso in assoluta solitudine, con pochissimi mezzi e fra mille difficoltà) portano avanti (o tentano di farlo) le proprie idee e i propri progetti.
La mostra potrà essere vista giornalmente, dal martedì alla domenica, con orario continuato dalle 9,30 alle 18,30.
 

Salvo Ferlito

 

 

 

 
 
 
 

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